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Un conflitto lungo un secolo | puntata 04

Lotta armata e conflitto letale

La prima azione armata del Pkk avviene il 15 agosto 1984, con attacchi contemporanei a diverse caserme nel sud-est; ma i rifornimenti di armi e l’organizzazione di avamposti tra Turchia, Siria e Iraq era iniziata già nell’80. A testimoniare l’estensione in breve tempo dell’organizzazione c’è il processo contro 2500 “attivisti e simpatizzanti” del Pkk, che dà il via al primo grande sciopero della fame nelle cinque prigioni militari di Dyiarbakir: si protesta non solo contro le torture e le condizioni di carcerazione, ma anche per i diritti del popolo curdo. Da quel momento in poi, sostiene A. Ocalan (2003), lo sciopero dei prigionieri politici diventa una delle principali forme di protesta del movimento curdo, capace di diffondere le rivendicazioni in tutta la società e a livello internazionale. Il secondo e ben più ampio sciopero della fame inizierà nel febbraio 1988, coinvolgendo oltre 2000 prigionieri curdi.

Nel 1981 e 1982 avvengono i due primi congressi del Pkk, fondamentali per l’affermazione della leadership interna di Abdullah “Apo” Ocalan, principale sostenitore della corrente anticolonialista interna al partito e al movimento di liberazione. Perché il Pkk si afferma rapidamente a scapito degli altri partiti curdi, durante e dopo la giunta militare? Gli apoisti sono gli unici a scegliere come propria base il Vicino Oriente; in secondo luogo, la giunta è impreparata di fronte ad una lotta armata, fatta di guerriglia e terrorismo, protetta dalle montagne e dalla popolazione. Tuttavia, questa affermazione non avviene in modo pacifico: si registrano numerosi episodi di contrasto violenti (soprattutto in Europa) tra il Pkk e altre organizzazioni curde contrarie alla lotta armata, che nel 1988 promuoveranno una coalizione ampia anti-Pkk, denominata Movimento per la liberazione del Kurdistan.

In breve si assiste ad un cambiamento di scala della lotta armata, che si estende dalla Turchia all’Europa, in particolare in Germania dove forte è la presenza di turchi e curdi immigrati.

Dalla metà degli anni Ottanta la stampa turca, come testimoniato dal numero di articoli e servizi, tratta con maggiore attenzione della questione curda, che l’azione dirompente del Pkk sta contribuendo a riaprire nel discorso pubblico. Sono tre i livelli su cui si sviluppa l’azione collettiva curda: guerriglia, lotta nelle carceri e ambito parlamentare. In particolare l’Assemblea nazionale torna ad essere per la prima volta dal 1924 un luogo dove i deputati del cosiddetto blocco curdo, trasversale ai partiti, si dichiarano e sollevano il problema circa le condizioni di assoggettamento del loro popolo.

Il 1988 è un anno cruciale: Ocalan avvia una strategia di apertura verso media e governo, proponendo per la prima volta al suo movimento e allo Stato un’alternativa alla lotta armata. In secondo luogo le autorità turche sono costrette, dietro pressioni europee e americane, ad accogliere per motivi umanitari 65mila profughi curdi irakeni in fuga dalla violenta repressione di Saddam Hussein. Per la Turchia questo atto rappresenta il primo, involontario, riconoscimento storico del soggetto curdo. Il Pkk sospende per qualche tempo la lotta armata.

      1. Mutamento tattico, repressione e cattura di Ocalan

Negli anni Novanta si apre la seconda fase del ciclo di conflitto iniziato con la fondazione del Pkk e il golpe del 1980. Il movimento di liberazione curdo, ormai egemonizzato dagli apoisti, si volge verso la strada della diversificazione strategica caratterizzata dai seguenti punti:

  • Lotta armata non come azione offensiva, ma di autodifesa: dal 1993 inizia la serie di cessate il fuoco dichiarati unilateralmente dal Pkk (se ne contano 7 fino all’ultimo interrotto nel 2015);

  • Aumento della pressione internazionale sulla Turchia e costruzione del consenso nelle opinioni pubbliche occidentali, attraverso gli Uffici Informazione del Kurdistan all’estero e il Parlamento curdo in esilio all’Aja;

  • Guerriglia affiancata da un partito politico nazionale, non strettamente curdo, e altre organizzazione di massa per la società curda;

  • Incorporazione dei concetti considerati più rivoluzionari del messaggio islamico;

  • Manifestazioni ed eventi pubblici di massa, che superino la dimensione restrittiva della lotta armata (come il Serhildan, letteralmente “alzare la testa”, ispirato esplicitamente all’Intifada palestinese);

  • Obiettivo non più la secessione dalla Turchia, ma l’autogoverno all’interno di una federazione turco-curda che coinvolga anche le altre minoranze.

Tutto ciò permette al Pkk di aumentare i propri consensi nel Bakur e pacificarsi con le altre organizzazioni curde. Lo Stato turco attraversa un breve periodo di apertura nel 1990-93, durante il governo moderato di Turgut Ozal, che riconosce la questione curda come “problema politico che richiede una soluzione politica”. Nel 1991 abolisce le leggi che vietano l’espressione della lingua e della cultura curda. La morte improvvisa di questi mette però fine al dialogo, rifiutato dai successori che invece impongono una decisa virata a destra. Nel 1993-95 viene lanciata la nuova operazione di controguerriglia, detta “Terra bruciata”: si vuole fare a pezzi la società civile curda che, grazie alla diversificazione strategica, sta vivendo un periodo di fioritura e mobilitazione. Assistiamo a una nuova guerra sporca:

  • Attentati, assassinii, incarcerazione di uomini d’affari, intellettuali ed esponenti politici e sindacali curdi o considerati filo-curdi, ad opera di corpi paramilitari, derivati dalla rete Stay Behind, chiamati hizbullah (da non confondere con gli Hezbollah libanesi);

  • Repressione e scioglimento dei partiti filo-curdi;

  • Blocchi militari nei villaggi e coprifuoco nelle città;

  • Incarcerazione preventiva e massacri a danni di presunti simpatizzanti del Pkk.

Le leggi di apertura emanate da Ozal vengono puntualmente violate da forze dell’ordine e magistratura. Si moltiplicano le misure extra-giudiziarie di repressione. A questa azione interna la Turchia affianca il progressivo isolamento del Pkk attraverso accordi internazionali e regionali: sono gli Usa i principali sostenitori dell’ampia coalizione che dal 1996 stringe sempre di più il cerchio attorno ai guerriglieri curdi e al loro leader. L’accordo militare tra Israele e Turchia, diretto in particolare contro Libano e Siria (principali basi d’appoggio del Pkk), si allarga poi fino a coinvolgere anche il governo autonomo curdo in Iraq (Accordo di Washington, 1998). Gli apoisti perdono in poco tempo tutte le loro basi fuori dalla Turchia, subiscono operazioni militari congiunte, faticano a trovare appoggio internazionale. Ocalan, costretto ad un peregrinaggio frenetico in cerca di un paese che gli conceda asilo politico, è catturato il 15 febbraio 1999 dall’intelligence turca in Kenya.