La notizia della fine del coprifuoco inizia a girare in città dal tardo pomeriggio, quando da Dag kapi (la piazza dove è stata uccisa la ragazzina di 9 anni) è partito un corteo spontaneo degli abitanti finalmente liberi di uscire dalle proprie case. In serata, invece, circolano le prime foto dei danni subìti dalla città vecchia.
Questa mattina le barriere della polizia che limitavano l’accesso dalla “Porta della montagna” al quartiere Sur sono completamente rimosse e nelle zone fino a ieri bloccate riprende la vita: una gran folla attraversa il bazar nuovamente attivo, i caffè sono di nuovo popolati di persone, le piccole botteghe degli artigiani riaprono. I toma e i blindati della polizia continuano a pattugliare le strade.
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Muri incompiuti e muri abbattuti
Scoprire arte e cultura di un popolo che da decenni resiste, per trovare un modo per costruire insoliti incontri con la nostra.
Era uno degli obiettivi con cui abbiamo costruito il progetto. La situazione critica degli ultimi giorbi qui a Diyarbakir, peró ha impedito di completare il lavoro. Il centro culturale Dicle-Firat (Tigri ed Eufrate) situato nella città vecchia, è da giorni in raggiungibile.
Il coprifuoco imposto dal governo turco ferma la vita di una parte di città. Anche la vita culturale e artistica, quanto meno nella sua materialità.
L’aria che si respira al risveglio nella città di Amed (Diyarbakir), al secondo giorno di coprifuoco, è davvero pesante. Negozi e scuole chiuse ricordano l’inizio dello sciopero generale di 48 ore convocato dallo stesso cartello di sigle sindacali promotore della marcia di Ankara colpita dalle due esplosioni. I corpi speciali della polizia circondano le varie zone della città sottoposte a coprifuoco.
All’interno delle aree assediate vengono utilizzate mezzi e armi pesanti. I cecchini sui tetti dei palazzi coprono da una posizione strategicamente favorevole le operazioni condotte al livello delle strade, dove si procede con bombe a mano fatte deflagrare nelle abitazioni per stanare chi vi è asserragliato.
Tra campi profughi e frontiere.
Lasciandoci alle spalle il nucleo urbano di Amed, la vista che ci si propone è davvero singolare: da una parte la città antica e il ponte vecchio col loro carico di storia; dall’altra lo scempio lungo le periferie dei paesi e villaggi che si susseguono lungo la statale per Cizira. Il nostro tragitto si affaccia su un imponente processo di speculazione edilizia: ecomostri edificati sulle colline, palazzi mai conclusi a bordo strada, cave che cancellano montagne e discariche a cielo aperto. Una chiara linea di devastazione ambientale e territoriale del governo turco, che non ha riguardo per la natura e la storia di una civiltà sorta migliaia di anni fa.
Con il contatto che ci accompagnerà nei prossimi giorni, ci spostiamo di pochi chilometri dalla città,