Domenica 1 novembre la Turchia va nuovamente al voto, dopo le elezioni del 7 giugno scorso. Da allora, la situazione è evoluta rapidamente: l’estensione della lotta per l’autonomia democratica nelle regioni curde orientali e il parallelo intensificarsi della guerra sporca condotta dall’Akp contro popolo curdo ed opposizioni; le stragi del 20 luglio a Suruç e del 10 ottobre ad Ankara; la stretta repressiva sulla libertà di stampa; i successi politici e militari dell’Amministrazione autonoma in Rojava e il complicarsi del conflitto in Siria, con nuovi interventi turchi contro Kobane e Gire Spi (Tel-Abyad).
Lontano dalle sponde del Tigri e dell’Eufrate, il paesaggio rurale del Bakur (kurdistan settentrionale) regala centinaia di chilometri di aridità, interrotti da grandi città, o, assai più raramente, da piccoli paesi arroccati sulle sponde di montagne che sembrano circondare e difendere la pianura. Una campagna punteggiata da greggi di pecore e capre, campi di cotone e sparute costruzioni murarie.
Ore 8.00, Amed
Uscendo dall’albergo ci accorgiamo che la piazza d’ingresso al quartiere Sur è completamente transennata.
Scopriremo solo in seguito che era solo l’inizio di una massiccia “operazione antiterrorismo” delle forze di sicurezza Turche, premessa del coprifuoco dichiarato nel pomeriggio. Ipotizziamo che tale operazione sia conseguenza degli eventi di ieri e in particolare l’uccisione di un poliziotto ad un posto di blocco sulla strada tra Amed (Diyarbakir) e Hani, cui si sono aggiunte le tensioni per i fatti verificatisi in giornata.